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L'Attesa

by Francesco Garito

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1.
Arcadia 01:24
Ho visto le periferie d’Arcadie e lettere in Esperanto, bambini con voci di tuono e vecchi con ali di pianto, notti d’Argentina rosse, madri Curde nel vento. Ho visto nascere il tuo canto, tra risa e spruzzi di tempo. Ho visto crescere il mio canto.
2.
L'attesa 04:19
Cuore di cane, lampo di sale, tutto ritorna nel bene nel male. Il sole arrossisce sul ciglio del mondo e tutto d’intorno si quieta il giorno. Ed io attendo e rimando ogni inutile spreco di tempo, un pò disattento come fossi una foglia nel vento. Fuochi d’estate, memorie otturate, sete di lingue parole sbiadite. La luna sottile appare gentile ed ora il mondo e un pò meno orrendo. Ed io attendo e rimando ogni inutile spreco di tempo, mi muovo a stento, respiro ed inspiro il mio canto. Ed io attendo e rimando ogni inutile spreco di tempo un pò disattento come fossi una foglia nel vento, mi muovo a stento, respiro ed inspiro il mio canto Cuore di cane lampo di sale, tutto ritorna nel bene nel male.
3.
Sanguinari e combattenti, nella notte dei perdenti, ci incontriamo e ci lasciamo soli. Di rancore siamo colmi, come abili chirurghi sezioniamo il cuore col denaro. In questa lettera, dal fondo di un bicchiere, attendiamo un nuovo giorno e di avere ancora sete. Fuoco e fiamme sui binari si confondono i pensieri, poveri ed indifesi, ci ammaliamo. Spettatori in malasorte, senza arte e senza parte, anime sospese sopra il caos. In questo attendere di linee senza peso, siamo complici innocenti di un dolore a caso. Ora attraversiamo tempi, giorni scettici e maligni. Gente che non si riconosce in niente. L’uomo si evolve e va lontano, in un viaggio senza movimento, tutto il mondo in un palmo di mano. I solitari passi tra le folle. Improvvisi cambi di umore, come pelle di serpente. Chi ci aiuterà a sostenere questo canto? Chi si fermerà ad ascoltare ancora il vento? Allora dimmi! Dove si va? Verso che storia, che identità? Allora dimmi! Come ti va? Che latitudine ha la verità?
4.
Quel che è stato ritorna negli attimi che precedono i nostri errori, come gesti distorti di animes empre pronte a fare e disfare. Noi ci abbandoniamo. Quel che conta non è poi invisibile, ma risiede nelle nostre lacrime. E’ difficile coglier le immagini, se non si è preparati ai miracoli. Noi non ringraziamo. E’ più facile lasciarsi andare, trascinati da correnti banalie non è necessario comprendere, siamo carne rassegnata al normale. Non ci emozioniamo. Improvviso il silenzio ci giudica e da soli dobbiamo difenderci dalla nostra voglia di viveree da amici che non conosciamo. Noi non ascoltiamo. Ora siamo io e te sopra il tempo e guardiamo le voci passare. Sconosciuti versi romantici, proiettati verso il domani. Noi ci innamoriamo, noi ci abbandoniamo.
5.
Evisioni 04:57
Spasmodico bisogno dell’infunzionale, senso di colpa grave, verso il pesante mondo materiale, spasmodico sogno, vi prego. Legittimazione al mio eterno disertare, disertare mentale, reale. Tradisci, tradisci, tradisci! Tradisci, tradisci, tradisci! Vivi in un mondo di pratici, e non hai voglia di spiegare, e non hai voglia di spiegare. Spiegare cosa? A chi? Ai pratici potrai parlare con corrosiva calma del quotidiano che a loro ti allega. Braccia allungate senza presa all’estremo Tradisci, tradisci, tradisci! Tradisci, tradisci, tradisci! Del tuo bruciante bisogno fa parola con pochi, fa parola con pochi. Pochi di pochezza i cui fuochi ardono non perdono il luminoso dono Infunzionale evisione. Tradisci, tradisci, tradisci! Tradisci, tradisci, tradisci! Incrocio di lingua sublime al limite dell’accettazione sociale, al limite dell’accettazione sociale.
6.
A' naca 03:10
Vuciata e luna chiama u ventu, Currìa a la sberta ogni lamentu. Fa’ ma fjiuffia supra i dulùri, ca u cora mo non vo’ langùri. ‘Nta naca rida u picciulidu, guarda stu mundu cu stu burdedu. ‘Nta naca dorma u picciulidu, sonna nu mundu senza ribbedu. Acqua scindi da fiumara, senza sgrusciu chianu vasa u mara. Arricchia u cantu e stu malacarna, ca cumbogghia a notta finu a chi ‘njorna. ‘Nta naca rida u picciulidu, guarda stu mundu cu stu burdedu. Nta naca dorma u picciulidu, sonna nu mundu senza ribbedu
7.
Un uomo ferito alla schiena sulla sabbia si trascina. E sente la terra che chiama, sente la notte che sta per venire. E dice Signore ti prego, lasciami respirare, lasciami un po’ riposare, prima che devo morire. E dice Signore lo vedi, questa mosca dispettosa che vola sulla mia schiena e ancora non si posa. Un uomo disteso per terra, in una terra di frontiera, che guarda la riva del fiume, che piano piano diventa nera. E dice non era la mia intenzione rubare l’albero del pane, ma non sono quel tipo di uomo che si arrende senza sparare. E adesso ridammi i miei gradi, restituiscimi il comando, che questa mosca continua a volare, mentre mi sto dissanguando
8.
Signore è tempo. Grande era l’arsura. Deponi l’ombra, libera il vento sopra la pianura. Fa’ che sia colmo ancora il frutto estremo, concedi ancora un giorno di tepore fa che il frutto giunga a maturare, e spremi nel vino l’ultimo sapore. Chi non ha casa adesso, adesso non l’avrà. Chi è solo a lungo, solo dovrà stare, leggere nelle veglie, lunghi fogli scrivere, e incerto sulle vie tornare dove nell’aria fluttuano le foglie, dove nell’aria fluttuano le foglie.

credits

released March 17, 2017

Tutti i testi e le musiche di Francesco Garito ad eccezione di
“Evisioni” (testo Paolo Dattola, musica Francesco Garito),
“Il panorama di Betlemme” (testo e musica Francesco De Gregori),
“Giorno d’autunno” (testo di Rainer Maria Rilke, musica Francesco Garito -Rocco Sestito).

Francesco Garito voce e chitarra acustica
Stefano “Stiv” Cantarelli cori, chitarra acustica e chitarra elettrica
Maurizio Bartoli pianoforte e tastiere
Antonio Perugini batteria
Massimiliano Larocca voce in “I giorni dell’abbandono”.

Prodotto da Stefano Cantarelli e Francesco Garito

Registrato e mixato da Roberto Villa allo studio “L’amor mio non muore” di Forlì.

Masterizzato da Stefano Cappelli al “Creative Mastering” di Forlì.

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Francesco Garito Florence, Italy

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